Fonte: Il Messaggero
Libero: Il team di italiani che lavora al vaccino: «L’Oms ci ha chiesto diecimila dosi»
I responsabili del progetto di ricerca preferiscono rimanere cauti, perché la fase sperimentale non è ancora finita e, se crescono troppo le aspettative, l’eventuale delusione sarà più cocente.
Ma l’unico vaccino candidato oggi a sconfiggere l’Ebola, e quindi a porre fine a un’epidemia che falcia la popolazione centrafricana e tiene in scacco il mondo, parla italiano.
L’antidoto è nato nel centro di ricerca Ceinge di Napoli, è in via di stu dio in laboratori di Roma ed è prodotto a Pomezia, da dove partiranno a breve diecimila dosi alla volta degli Stati Uniti.
«Adesso tocca accelerare». Un progetto di ricerca su un farmaco, spiega chi sta lavorando al vaccino, richiede almeno una decina d’anni prima di arrivare a conclusione. Quando nel 2007 lo staff di Okairos (società biotech con sede legale a Basilea, fondata da Riccardo Cortese, docente di Biologia Molecolare della Federico II di Napoli) si è messo al lavoro su un vaccino per l’Ebola non poteva prevedere l’epidemia odierna.
Ma i fatti incalzano. Okairos, nel frattempo acquisita dalla multinazionale Gsk, è entrata in un consorzio con le autorità sanitarie e per la vaccinazione di Stati Uniti, Unione Europea e alcune repubbliche africane. L’obiettivo è quello di accorciare i tempi della sperimentazione e arrivare al più presto all’approvazione del farmaco.
Il vaccino, l’unico riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità (Oms), ha superato i test pre-clinici, quelli sugli animali: sulle scimmie ha avuto esito positivo pari al 100 per cento.
È in corso la cosiddetta fase I, la sperimentazione sui pazienti sani. La fase II si terrà direttamente nei Paesi colpiti dall’epidemia somministrando 10 mila vaccini a operatori sanitari e parenti delle vittime.
«Cinque anni fa Cortese ha avuto un’intuizione innovativa per quanto riguarda la creazione dei vaccini e io ho costruito questi laboratori». A dirlo, con un pizzico di orgoglio, è Pietro di Lorenzo, l’imprenditore che ha salvato la Irmb SpA di Pomezia dal rischio chiusura nel 2009 e che oggi lavora in sinergia con Okairos.
La sua struttura lavora alle 10 mila dosi necessarie per la fase II:«L’Oms ce le ha chieste per la fine dell’anno». «Abbiamo sviluppato una serie di ricerche su un nuovo metodo per la costruzione di un vaccino», aggiunge. «Si tratta di una piattaforma che può essere applicata su diversi antidoti».
Non solo Ebola, quindi: la genialità di que sti studi (made in Italy, s’è detto) sta forse tutta qui.
«Ci siamo concentrati su Ebola perché questo è il virus più difficile», prosegue Di Lorenzo, «ma il progetto è più ampio. L’idea di base è semplice: se il protocollo funziona su Ebola, con ogni probabilità funzionerà anche su altre malattie».
Scarica il pdf